Pasqua: gli auguri di Baba Fulgenzio

La storia dei miei 104 figli è la storia dell’Africa. E’ la storia dell’Africa e della sua anima.
E l’anima altro non è che quel “soffio di vita”, quell’immagine e somiglianza con il Creatore; splendente e gioiosa quando non è sciupata e abbruttita dal peccato. Non è che la sua cultura originaria; le mille espressioni di vita e di morte che hanno caratterizzato tutto il suo percorso.
I miei figli amano molto rappresentarsi. Forse perché stanno rinascendo a nuova vita. Ma anche perché sono figli di quest’Africa misteriosa e affascinante.
E l’Africa ama molto rappresentarsi. Ma come unica entità, mondo di un uomo talmente in relazione con gli altri mondi, animale e vegetale, da ricavarne una complessa, straordinaria mistura di segni, di riti, di fedi. La sua vita, misteriosa e prepotente, è una mirabile e ricca composizione di teologia e filosofia, di cosmologia e di sociologia insieme.
La cultura originaria è un grande fiume che scorre sotterraneo, che emerge e che scompare, che scorre limpido come acqua di sorgente; è un fiume che non ha nome, però ha il nome anche dei miei 104 figli.
Questi figli che li vedi correre e giocare nei prati del loro Villaggio della Gioia, sempre pieni di gioia e di voglia di “cantare” la vita.
I miei figli risentono anche degli effetti della cultura urbana, vivendo alla periferia della grande città e vedendo spesso ospiti italiani al Villaggio della Gioia. E la cultura porta sempre le sue regole, i suoi miraggi, le sue illusioni, le sue certezze ed i suoi benefici.
Tutto anche in Africa sta cambiando rapidamente, come del resto nel mondo intero. E anche la cultura più giovane scaccia quella senile, almeno temporaneamente.
Anche i bambini del Villaggio della Gioia sono chiamati a mettere in gioco la propria cultura nella grande arena del mondo. Inconsapevolmente, ma fortemente essi assorbono i “segni del tempo” e ne vivono ansie e attese.
L’Africa oggi chiamata a mettere in gioco la propria cultura nella grande arena del mondo. Non può certo rinchiudersi soltanto a contemplare la propria tradizione ed il proprio passato e deve anche essere attenta a non farsi omologare in quella cultura di massa che arriva prepotentemente dall’occidente e che tutto appiattisce e disumanizza.
Oggi i miei figli d’Africa devono danzare nel grande palco del mondo, ma debbono anche saper mantenere l’originalità dei loro talenti e dei loro ritmi di vita.
Ogni mattino i miei figli, davanti alla propria scuola, sotto la bandiera tanzaniana che sventola al vento, cantano l’inno “religioso” della patria e l’inno “gioioso” della scuola.
E i due inni invitano Dio a benedire e a partecipare alla loro vita. E poi, a passo di danza, ritmato dai tamburi, entrano ordinatamente nelle classi.
Ecco: questi miei figli debbono danzare nel grande palco della Tanzania e del mondo intero, ma debbono mantenere l’originalità dei propri ritmi.
Ora i tamburi delle scuole e delle università, della scienza e della tecnologia, battono un nuovo rapido ritmo. Nulla più può fermarlo o rallentarlo. Il bambino africano deve alzarsi e ballare nel mondo, e come vorrei che i miei figli fossero in prima fila.
E’ Pasqua; Pasqua di resurrezione e di vita. E’ quella resurrezione e quella pienezza di Vita che auguro a tutti i figli d’Africa.
Ed insieme a loro, ai bambini del Villaggio della Gioia e ai bambini d’Africa e di tutto il mondo, auguro agli amici tutti una Santa Pasqua di Resurrezione e i Vita.

Baba Fulgenzio e i suoi figli